"Ho conosciuto Matteotti al discorso Turati a Torino. Ci si intese subito sull'antifascismo. Anche lui lo sentiva d'istinto". Piero Gobetti, 17 giugno 1924, all'indomani dell'omicidio Matteotti (1-segue)
"Nella fronte (di Matteotti) corrugata a serietà, negli occhi fermi e pensosi, nelle labbra atteggiate a tagliente ironia avvertii un vero stile di oppositore. Il suo assassinio deve dunque far parte di un piano raffinato che non può non esser stato dettato dall'alto" (2-segue)
"Il gregario furioso, il fascista esaltato potrebbe colpire Turati. Ci vuol un'intelligenza fredda e calcolatrice per scoprire l'avversario vero in Matteotti, l'oppositore più intelligente e più irriducibile tra i socialisti unitari, il più giovane d'anni e d'animo" (3-segue)
"Matteotti era uno spirito troppo aristocratico per avere la notorietà degli altri capi del socialismo. Alle facili questioni di tendenza aveva preferito la dura preparazione nei problemi economici e finanziari. Anche col fascismo voleva fare questione di dati e di documenti" (4)
"Matteotti non avrebbe mai potuto commuovere un pubblico popolano: la sua voce precisa e nervosa, un poco velata, pareva fatta per l'assemblea parlamentare, per le accuse specifiche, per le accuse inesorabili" (5-segue)
"Contro uomini come Matteotti, Amendola, Treves, il fascismo sente che non riuscirà più a venire a patti, che deve usare la violenza. Si vuol uniformare uomini e costumi, eliminare chi non si arrende alla semplice intimidazione. Nulla di fortuito dunque nel suo assassinio)" (6-s)
"Non saremo così ingenui da chiedere che si faccia giustizia dell'assassinio. In certi casi la giustizia diventa il problema di due civiltà, di due principi in lotta. Se l'opposizione ha un compito deve smascherare il gioco del mussolinismo..." (7-segue)
"... che tende, liquidando qualche alto personaggio del fascismo, a creare un alto piedistallo al duce paterno, normalizzatore e addomesticatore. Invece si tratta di mettere sotto processo tutto un regime". Piero Gobetti, 17 giugno 1924
