, 18 tweets, 8 min read
"Abbiamo perso, ma il modo in cui è stato stroncato il nostro tentativo appartiene alla barbarie. Però non ho paura: non avranno il coraggio di toccarmi”.
Mi sbagliavo.
Avevo firmato il “Manifesto delle Duemila Parole” e avevo pagato cara la mia indipendenza di pensiero.
Ero stato costretto a fuggire da Praga, la mia città, confinato a Jachymov, sul confine tedesco.
Per sopravvivere avevo lavorato in una stazione di servizio e poi nelle miniere di uranio. Sei anni.
Avevo vissuto sei anni in un magazzino e poi ero tornato a Praga.
A Praga le cose non andarono meglio.
Trovai lavoro come spazzino.
Ma non ero uno spazzino qualunque. Perché ogni volta che correvo dietro il camion della spazzatura la gente mi osannava dalla finestra.
Ero lo spazzino più osannato al mondo.
Che avevo fatto di così speciale?
Beh, effettivamente qualcosa di speciale lo avevo fatto.
E non solo una volta.
Per esempio quel 27 luglio 1952 ai giochi Olimpici di Helsinki.
Lo avevo deciso all’ultimo momento.
Corro o non corro? Corro o non corro?
La maratona, intendo.
Alla fine decisi di correre.
E così ero partito.
Il probabile vincitore? L'inglese Jim Peters, detentore del record mondiale.
A dire il vero era la prima volta che correvo una maratona. Le mie specialità erano i 10.000 e i 5.000 metri. Erano state le olimpiadi di Londra del 1948 a farmi conoscere al mondo.
Corsi i 10.000 metri. E vinsi, malgrado fosse solo la seconda volta che correvo quella distanza.
E arrivai secondo dietro al belga Gaston Reiff nei 5000 m piani.
L'anno dopo infransi il record mondiale dei 10.000 2 volte, migliorandolo in altre 3 occasioni nei 4 anni seguenti.
E poi ancora.
Il primato mondiale nei 5.000 m, nei 20 km (due volte nel 1951), nell'ora (due volte nel 1951), nei 25 km (1952) e nei 30 km (1952).

Lo so che siete curiosi.
Vi state chiedendo come sta andando la mia prima maratona.
Direi bene.
Sono arrivato a fianco del favorito Jim Peters, detentore del record mondiale.
Ogni tanto cerco di parlare con lui.
Quando riesco.
Perché, come accade in tutte le competizioni, ansimo di brutto.
Per questo mi chiamano la “Locomotova umana”.
In realtà non sono bello da vedere.
Corro in maniera pesante, scomposta, sofferta, a scatti.
Le spalle contorte, il capo leggermente reclinato e la smorfia che sembra annunciare presto un tracollo.
Nessuno stile, tutta forza.
Sicuramente da non imitare.
Soprattutto non sorrido.
Secondo una ricerca moderna, il sorriso aiuterebbe a vincere le maratone.
Non so.
Io ne sto disputando una, la prima, e non mi va proprio di sorridere.
Anche per colpa di quell’antipatico di Jim Peters, primatista mondiale
Gli ho appena chiesto se per caso il ritmo non è troppo veloce visto che, al decimo chilometro, siamo sotto il record del mondo.
Lui mi ha guardato con aria di sufficienza e mi ha risposto che per lui è anche troppo basso.
L’ho preso in parola.
Nel senso che ho accelerato.
E me ne sono andato.
E al trentesimo chilometro sono rimasto solo.
Di lui nessuna traccia.
Gli ultimi dodici chilometri li ho corsi praticamente da solo arrivando nello stadio di Helsinki oltre due minuti e mezzo prima di Gorno, medaglia d'argento, e di Jansson, bronzo.
Abituato a correre i 10.000 e i 5.000 metri non mi sono nemmeno fermato ai rifornimenti.
Troppe emozioni, che solo la maratona riesce a darti.

"Se desideri vincere qualcosa puoi correre i cento metri. Se vuoi goderti una vera esperienza corri una maratona”
E pensare che avevo rischiato di non esserci, a Helsinki. Avevano escluso il mio compagno di squadra Jungwirth sospettato di simpatie anticomuniste.
E io allora avevo detto no alla convocazione.
Così avevano cambiato idea.
Raggiungemmo in ritardo il villaggio olimpico.
Strana la vita.
Sono sposato con Dana Ingrova e, pensate, è nata nel mio stesso giorno, mese e anno, il 19 settembre 1922.
Una grande atleta.
Ha vinto la medaglia d’oro nel giavellotto alle Olimpiadi di Helsinki lo stesso giorno in cui io ho vinto i 5.000 metri.
Me ne sono andato il 22 novembre del 2000, sempre con la mia Dana accanto.
Dopo aver vinto 4 ori olimpici, 3 titoli europei, realizzato 18 record del mondo con 44 vittorie consecutive nei 5.000 metri.
Sono sepolto al Museo all'aperto della Valacchia di Rožnov pod Radhoštěm.
Ora sapete perché la gente mi osannava dalle finestre quando passava il mio camion della spazzatura.
Vi dico solo una cosa.
"Cercate sempre di raggiungere un obiettivo che sia ragionevole, e poi lentamente elevatelo. Piano piano.
E’ l’unico modo per arrivare in alto".
Grazie a @paopant1 per avermi suggerito di raccontare la storia di Emil Zatopek, lo spazzino più osannato al mondo.
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