#MdT 1991 - I calcoli del governo si rilevarono profondamente sbagliati. per 3 motivi. L'ostinazione di pensare a un decollo dell'economia, l'esasperazione dei contribuenti e le mancate privatizzazioni. Qui si consumò lo scontro tra Carli e i due partiti di maggioranza. 
Erano previste privatizzazioni per 5.600 miliardi, ma era necessaria una legge che autorizzasse lo Stato a vendere. Ma il disegno di legge in parlamento non arrivava mai e quando ci arrivò rimase fermo e bloccato per mesi.
Cagliari parlava di difficoltà tecniche. Nobili tergiversava. Il Presidente dell'Enel Viezzoli era il più spiritoso"La gente deve sapere che privatizzare comporterà un aumento delle tariffe del 30% per pagare un dividendo agli azionisti". Carli andò su tutte le furie
Carli ogni giorno si scagliava contro gli italici "residui di socialismo reale" e intimava ai boiardi di stare zitti. A Viezzoli, che minacciava aumenti del 30% rispose:" Se è vero vuol dire che lei sta distribuendo, oltre all'energia, anche il patrimonio della società".
Non essendo riusciti a raccogliere i 5.600 miliardi dalle privatizzazioni, nella finanziari a'92 il governo alzò il tiro."Privatizzeremo per 15.000 miliardi di lire". Il 20 marzo'92 Andreotti lo ribadì alla Borsa di Milano.A due settimane dal voto la Borsa gli riservò solo fischi
Il resto del mondo cominciò a dubitare seriamente della nostra credibilità. Aveva creduto alle intenzioni di De Mita, concesso fiducia ad Amato e poi a Carli che prometteva di privatizzare. Ma aveva assistito solo alle contorsioni di un paese che girava a vuoto.
Un paese che non riusciva a stabilizzare il suo debito, che aveva il sistema previdenziale più munifico d'Europa, il sistema industriale con maggiore presenza pubblica, il maggior numero di ferrovieri per km, e il sistema politico più immobile. Forse anche il più corrotto.
Il 22 aprile Moody's annunciò che avrebbe riesaminato il grado di affidabilità dei debiti italiani. E il primo luglio il debito italiano fu retrocesso dalla valutazione di massima affidabilità convenzionalmente indicata in AAA, a quella sottostante AA1.
Il defict pubblico, spiegava Moody's, rispecchia sia l'aumento costante del livello di spesa, sia il costo crescente degli interessi da pagare. Inoltre permane l'incapacità dei politici ad affrontare i grandi cambiamenti istituzionali nel governo dell'economia. Già.
Un mese prima la Federconsorzi (feudo Dc) era crollata sotto 8.500 miliardi di debiti dando vita ad un'odissea di creditori (il mondo bancario pesantemente esposto, revocò tutti i fidi) L'ente guidato da Mancini e Leone (Efim) aveva raggiunto i 7.400 miliardi di debiti finanziari
L'Efim fatturava 5.800 miliardi e aveva 7.400 miliardi di debiti. Debiti che non sarebbe mai stato in grado di ripagare."La situazione del Paese sta sfuggendo di mano" dissero gli ispettori del FMI in visita a Roma a fine '91. La loro relazione era intitolata "Ora, o mai più".
La lettera del FMI non impressionò nessuno, lasciò semmai più soli il ministro del tesoro Guido Carli e il governatore della Banca d'Italia Ciampi. Che confidavano in un contemporaneo aggancio del modo di amministrare il paese alle più oculate abitudini in uso in Europa . Invano
Il '91 si chiuse con tutti gli obiettivi falliti. Il defict era aumentato di 20mila miliardi più de previsto. Doveva essere 132mila miliardi si fermo a 152mila miliardi La spesa per intesessi fu di 145mila miliardi. 5000 miliardi più del previsto.
Ricordate il famoso detto:"Ogni promessa è debito". Ecco, i governi di quegli anni presero il detto alla lettera. Ogni loro promessa era debito. Sì, debito pubblico.
