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Claudio Cerasa @claudiocerasa
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La bozza del decreto immigrazione che Salvini presenterà in cdm nei prossimi giorni verrà venduta come una grande svolta del governo ma ci sono purtroppo le premesse perché la svolta coincida con un disastro. Vediamo perché.
I dati dei flussi dei migranti ci dicono che il guaio dell'Italia da almeno un anno non riguardapiù gli sbarchi (oggi siamo a meno 80% rispetto al 2017) ma la necessità di avere una distribuzione di rifugiati e di richiedenti asilo più omogenea e sostenibile rispetto al presente
Per ridistribuire meglio i migranti le strade sono due: ottenere più solidarietà dall'Europa ed evitare di caricare sulle spalle di pochi comuni il peso della gestione dei migranti. Salvini ha scelto la via opposta.
Ha scelto di non ottenere solidarietà dall’Europa (e si è alleato in Europa con i paesi che non vogliono risolvere il problema e che vogliono non più solidarietà ma meno solidarietà) e ha scelto scaricare sulle spalle di pochi comuni il dossier immigrazione.
Nonostante la propaganda di Salvini, la redistribuzione dei migranti in Europa negli ultimi anni ha fatto segnare alcuni passi in avanti. Nel corso del 2017, i ricollocamenti sono aumentati del 332% rispetto al 2016 (11.464 contro 2.654)...
.. e nei primi sei mesi del 2018 il dato ricollocamenti ha fatto segnare quota 12.272. Potevano essere anche di più ma alcuni paesi hanno scelto di non accogliere nessuno e indovinate quali sono quei paesi? Gli alleati di Salvini in Europa: Austria, Polonia, Ungheria.
Stesso discorso per l’Italia. Negli ultimi anni, si è tentato di mettere in campo un piano per distribuire profughi e richiedenti asilo in un numero più ampio possibile di comuni. L’accordo del 2017 tra governo e ANCI prevedeva la distribuzione di 2,3 migranti per comune.
A marzo del 2018, i comuni coinvolti nell'operazione Sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) sono passati dal 34 per cento al 43 per cento del totale dei comuni italiani. Numeri sempre insufficienti ma numeri in crescita. Coinvolgere i comuni è importante.
Lo è per molte ragioni ma per una in particolare. Più sono coinvolti i comuni e più è possibile per il migrante trovare una strada per l'integrazione. Ma c’è anche qualcosa di più e qui andrà a incidere il decreto Salvini.
A oggi il 74 per cento dei profughi e dei richiedenti asilo viene gestito all'interno di un circuito coordinato dai prefetti (Cas) e di fronte a questo numero un governo ha due strade da seguire.
La prima: incentivare la formula degli Sprar (sistema pubblico di accoglienza) che consente di avere piccoli numeri, controllo del territorio e attenzione al possibile disagio della comunità.
La seconda: incentivare la formula prefettizia (Cas), ammassando profughi e richiedenti asilo in un unico posto, creando condizioni per far esplodere bombe sociali e togliendo ai sindaci voce in capitolo sulla distribuzione dei migranti sul proprio territorio.
Il decreto di Salvini va nella seconda direzione e presenta anche un ulteriore elemento di rischio. Eliminare la protezione umanitaria dei richiedenti asilo significa far diventare improvvisamente irregolare un numero significativo di migranti (circa 60 mila secondo l'Ispi).
Ma senza occuparsi di come rimpatriare i nuovi irregolari alla fine il governo non ha fatto altro che creare una nuova forma di illegalità che difficilmente riuscirà a combattere.
Attualmente, l'Italia ha accordi di rimpatri con Egitto, Nigeria, Tunisia e Marocco, ma i beneficiari della protezione vengono prevalentemente da altri paesi, come Gambia, Pakistan, Mali, Senegal con cui non abbiamo accordi per rimpatri.
La logica con cui ha scelto di muoversi Salvini è simmetrica a quella messa in campo in Europa: i migranti non vanno accolti meglio, ma devono essere messi nelle condizioni di non venire. Mediaticamente funziona. Concretamente rischia di aggravare i problemi dell’Italia. Occhio
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