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Johannes Bückler @JohannesBuckler
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Sono sempre stato un padre presente. Qualcuno direbbe apprensivo. Ricordo le attese fuori da scuola e loro, i miei figli, con quelle casacchine tutte uguali.
E ricordo quel compleanno speciale per i loro primi dieci anni.
Dieci anni e dieci candeline.
Anche Alfonsine ha dieci anni. Ma oggi non ha vicino il calore di una famiglia. E' solo in quel centro, dove ogni rumore lo spaventa. Probabilmente non riesce più nemmeno a piangere. La mamma è morta anni fa, e il papà è lontano. Nemmeno tanto lontano. Solo al di là del mare.
Erano insieme su quel gommone stracolmo di persone in mezzo al Mediterraneo. E le urla di felicità quando la nave di salvataggio li aveva visti. Era partito col suo papà dalla Sierra Leone per cercare un futuro migliore e quella normalità che ogni bambino dovrebbe avere.
La nave è a poche decine di metri. La salvezza. Ma un’imbarcazione della guardia costiera libica gli sta dando la caccia. E allora tutti a remare con tutte le proprie forze, anche con mani e piedi.
Il gommone che urta la nave, la gente che cade in mare.
Il papà che si divide da Alfonsine. Lui in mare, recuperato dalla nave e il bambino sul gommone. Il papà urla.
I libici recuperano quelli che si trovano sul gommone e li trasferiscono sulla loro imbarcazione. Destinazione, i centri di detenzione in Libia.
I centri di detenzione sono gestiti dal DCIM (Dipartimento per il contrasto alla migrazione illegale). Per il diritto libico l’ingresso e il soggiorno irregolare nel territorio nazionale, nonché l’uscita irregolare, sono crimini punibili con pene detentive, multe e deportazione.
Cosa accade in questi centri? Ormai è dimostrato che rifugiati e migranti subiscono torture, maltrattamenti e detenzione arbitraria in condizioni disastrose. Estorsioni, lavori forzati e perfino uccisioni da parte di funzionari, miliziani e trafficanti libici.
Il governo italiano ha contribuito al finanziamento necessario, usando parte del “Fondo Africa”. Un fondo speciale di 200 milioni di euro istituito nel bilancio 2017. Il 3 febbraio 2017 i membri del Consiglio europeo riunitisi a Malta hanno adottato "la Dichiarazione di Malta".
In quella dichiarazione gli stati si sono impegnati a fornire supporto e assistenza di tipo tecnico alle autorità libiche responsabili della gestione dei centri di detenzione in cui rifugiati e migranti sono trattenuti e sottoposti a gravi violazioni dei diritti umani.
Per poter garantire che la Guardia costiera libica possa intercettare rifugiati e migranti e riportarli in Libia, l’Italia si è attivata per limitare il lavoro delle Ong, con il sostegno di altri governi e istituzioni dell’Unione europea.
Ricordate Alfonsine? Ad agosto è stato localizzato in Libia dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. E' in pericolo. Non ha nessuno in Sierra Leone e suo padre è in Italia. Con le nuove norme il papà verrà espulso e difficilmente potrà riabbracciare suo figlio.
Alfonsine è solo uno dei tanti detenuti in Libia. L’Oim ha calcolato in 416.556 le presenze di migranti in Libia alla fine di settembre 2017. Tuttavia, è probabile che il numero effettivo sia maggiore.
A maggio è stato presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’Uomo in cui si sostiene che la collaborazione tra l’Italia e la guardia costiera libica ha esposto le persone "a condizioni disumane, percosse, stupri e fame".
Già. L'Italia. La nostra Italia.
"Non posso dimenticare l’espressione sul viso di mio figlio quando i libici hanno intercettato il gommone. Lo sento ancora urlare aiuto. Non troverò mai pace senza di lui. Senza mio figlio, la mia vita non ha alcun senso".
(Chica Camara, papà di Alfonsine)
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