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Lo dico subito per evitare equivoci. La mia storia non può essere raccontata in un semplice thread, tali e tante sono state le vicissitudini che hanno caratterizzato la mia vita. Non ultima la mia morte.
Quindi poi approfondite. Ne vale la pena.
Di me hanno detto e scritto di tutto. Icona di una generazione (vero), una party girl scatenata (esagerati), donna fragile e sfortunata (insomma).
Moglie amata e allo stesso tempo odiata che ha incarnato l'idea di divertimento senza remore e senza preoccupazioni. (E’ un male?)
E’ vero, sono sempre stata un maschiaccio. Ma non è tutta colpa mia, sempre se di colpa si può parlare. Se sono cresciuta viziata e presuntuosa è un po’ colpa di mia madre che mi amava talmente tanto da assecondare ogni mio capriccio. Mio padre? Un magistrato burbero e assente.
Mia madre mi aveva chiamata Zelda, come la protagonista delle fiabe.
A Montgomery, ai primi del ‘900, le donne erano considerate (e dovevano essere) dolci e remissive, almeno così era lo stereotipo della donna del Sud.
Io ero altro. Molto altro.
A scuola andavo bene, prendevo anche lezioni di danza, ma lo studio mi annoiava. Preferivo vivere.
Mi piaceva bere, fumare, ballare il charleston ed avere tanti fidanzati.
Lo so cosa state pensando. “Oddio, che vergogna”. “Scandalo”.
La solita storia.
Eppure sarebbe bastato leggere quello che avevo scritto sotto la fotografia scattata al college.
“Perché la vita dovrebbe essere tutta lavoro, quando possiamo tutti prendere in prestito. Pensiamo tutti a oggi, senza preoccuparci del domani.”
E così feci. Per tutta la mia vita.
Avevo 18 anni quando, durante un ballo, incontrai il mio amore.
Francis Scott Fitzgerald si chiamava. Sconosciuto ai più.
Ci innamorammo perdutamente. Durante la lontananza (lui era partito per New York) ci scambiammo per lettera gli anelli e una promessa di matrimonio.
Che avvenne il 3 aprile 1920, con una favolosa cerimonia alla Cattedrale di San Patrizio. Amici e parenti non approvavano quel matrimonio. Forse per l'alcolismo di Scott, o forse per la sua vocazione cattolica (io ero di famiglia episcopale). Me ne fregai dei loro giudizi.
Diventai un modello per tutte le donne, degno rappresentante delle Flapper, le “maschiette”. Capelli corti, come gli abiti, e nessuna regola. Amavo fare festa, bere alcolici, stare sveglia tutta la notte senza “pensare al futuro”.
Solo il presente da “vivere fino in fondo”.
So che avere scritto libri sulle mie abitudini e che sta per uscire un film sulla mia vita. Raccontate la verità. Che alcuni passaggi nelle opere di mio marito Fitzgerald sono opera mia. Che fu mio marito a trascurarmi mentre scriveva la sua opera massima, "Il Grande Gatsby".
Per questo mi dedicai completamente alla danza, al nuoto e… all’alcol.
Finendo così ricoverata diverse volte in ospedale per schizofrenia.
Avete letto il mio unico romanzo "Lasciami l’ultimo valzer", che scrissi durante quel periodo? No? Male.
Male, perché in quel libro racconto esattamente il rapporto con l’autore de Il Grande Gatsby (per la cronaca il titolo è mio).
La pubblicazione del mio libro lo fece andare su tutte le furie accusandomi di avere reso noto le nostre vicende matrimoniali.
Mi definì “scrittrice di terz'ordine”. Forse aveva ragione perché vendetti solo 1.392 copie. Ne uscii distrutta ancora una volta. A lui non andò meglio.Mal pagato e misconosciuto, al ritorno da Cuba fu ricoverato. Non lo vidi mai più. Una crisi cardiaca ne provocò la morte.
Non riuscii nemmeno ad andare al funerale. Feci ritorno all'Highland Hospital, approfittando della degenza per scrivere il mio secondo romanzo.
Non riuscii a completarlo.
Nella notte del 10 marzo 1948 un incendio divampò dalle cucine e le fiamme divorarono l'intero sanatorio.
Fu così che morii. Mentre l’incendio divampava io ero reclusa in una stanza, in attesa della terapia elettroconvulsivante.
Insomma, mi stavano preparando per l’elettroshock.
Ora io e Scott siamo sepolti insieme nel cimitero di Rockville, nel Maryland.
Ora conoscete la mia storia. Sapete che sono morta a 47 anni. E come. Ditemi. Era così sbagliato voler vivere completamente il presente?
“Perché la vita dovrebbe essere tutta lavoro, quando possiamo tutti prendere in prestito. Pensiamo tutti a oggi, senza preoccuparci del domani”
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