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Mi chiamo Grazia. Ho 7 anni, ma ne dimostro 4, massimo 5. Un ranocchio.
Che ci faccio a Tripoli con un sacchetto di tela a tracolla col numero 3252 ? Chiedetelo a “quello che ha fatto anche cose buone”.
Non cercate sui libri di storia quello che sto per raccontarvi. Non c’è.
Sto per partire per una vacanza. Una vacanza? Insomma.
Siamo nati lontano dall'Italia perché qualcuno (sempre lui), credendo di risolvere anche il problema della disoccupazione, ha pensato bene di favorire la colonizzazione di terre lontane.
Di quali terre sto parlando?
Di terre come la “quarta sponda” che il regime ritiene parte integrante del Regno con le sue quattro nuove province.
Una terra che per Gaetano Salvemini (o era Giolitti?), era soltanto “uno scatolone di sabbia”. Siamo nel 1940.
E gli italiani arrivati in Libia sono 120.000.
Perché all’inizio ho parlato di una vacanza?
Perché “quello che ha fatto anche cose buone” (siamo nel maggio del 1940) ha deciso di far passare le vacanze d’estate ai bambini, figli di quei coloni italiani, che avevano lasciato la loro terra anni prima.
Una vacanza in Italia.
Per questo siamo radunati in piazza.
“Stai tranquilla, la lontananza sarà breve e l’Italia non è poi così lontana… se qualcosa non va possiamo io e papà venire a prenderti!”
Che bugiarda la mia mamma.
Basta guardare tutti i piccoli intorno a me.
Piangono tutti, nessuno vuole staccarsi dalla propria mamma e dal proprio papà.
Ma le camicie nere li strappano via e li stipano sui camion. E poi via verso il porto. Il mio ultimo abbraccio è per il mio papà.
Ultimo abbraccio.
Perché non lo vedrò mai più.
E così ci hanno imbarcati su 8 navi. Quanti siamo?
Circa 13.000.
Avete capito bene. 13.000 bambini nati in Libia.
“I vostri bimbi torneranno a casa entro poche settimane” disse sempre lui.
“Lo Stato si prenderà cura di loro e finalmente conosceranno la loro amata Patria”.
La traversata in mare fu lunga. Arrivammo in Italia e il 9 giugno 1940 a Napoli o a Bari, e lì con i treni, smistati nelle 37 colonie della costa adriatica.
Giugno 1940 vi ricorda qualcosa? Già. Lui aveva riportato 13.000 bambini in Italia il giorno prima di entrare in guerra.
Un attimo. Io vi sto raccontando la mia storia dimenticando Guerino.
Chi è Guerino? Mio fratello di due anni più grande.
Dove sarà finito? Durante il riempimento dei camion l’ho perso di vista. Sarà terrorizzato. Lui era nato durante un’epidemia di meningite.
Per questo parlava a stento. La maestra diceva:” è mentalmente tardivo” e l’aveva bocciato in prima elementare.
Buono come il pane, il compagno dei miei giochi, della mia scuola, l’amico del mio vagabondare tra i campi.
Non posso raccontarvi tutto in un thread. Questa è solo una piccolissima parte della mia storia.
Per questo ho scritto un libro. “I tredicimila ragazzi italo-libici dimenticati dalla storia”. Leggetelo.
“Come faccio a ricordare?”.
"Come posso dimenticare.”
Lei è Grazia Arnese Grimaldi.
Per quei 13.000 bambini quella “vacanza” durò sei anni. Per alcuni anche sette o otto lunghissimi anni pieni di lacrime e pene.
Piccoli dai 4 ai 15 anni sparsi nelle colonie fasciste, in caserme, in hotel, collegi e alcuni pure nei manicomi.
In quegli stanzoni bui i bambini avevano paura. E molti facevano la pipì a letto. E alla mattina venivano picchiati e castigati in cortile nel gruppo dei PISCIALETTO”.
Perché “a furia di botte e castighi impareranno da soli”.
E poi arrivarono le bombe degli Alleati.
La contraerea che mitragliava, gli scontri aerei, fuochi e fiamme.
La fine del mondo.
E le vigilatrici che avevano l’abitudine di prendere le bimbe più piccole per farne scudo al proprio corpo.
Mio padre aveva 46 anni quando morì 4 anni dopo la mia partenza.
E ogni giorno risuonano le sue parole: "Perché il Duce ci ha mandato a colonizzare un deserto, mentre con minor spesa avrebbe potuto aiutarci a colonizzare la nostra bella Italia?"
Già, Perché?
Di quei 13.000 bambini ritornarono in Libia solo 1.500.
Il rientro era quasi impossibile e molti cercarono strade emigratorie per la Francia, l’America, l’Australia.
Molte ragazze rimaste incinte da soldati inglesi ed americani si sposarono trasferendosi all’estero.
Molti bambini, indottrinati dal fanatismo, vennero arruolati nell’Esercito della Repubblica Sociale di Salò e trovarono la morte lottando contro i partigiani. Molti andarono nei campi di lavoro e morirono nel lager.
E le famiglie in Libia?
Mussolini, con la sua dichiarazione di guerra, condannò quelle famiglie rurali allo smantellamento totale.

"La libertà è stata conquistata con enormi sofferenze. A voi e alle nuove generazioni è dato compito di saperla apprezzare e conservare".
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