Thread by @FabTheEuropean

Ieri la Corte di #Strasburgo (CEDU) - che non c'entra nulla con l'#UE - ha pubblicato la sentenza sul caso Marcello Viola c. Italia, condannando il nostro paese per violazione dell'art. 3 e invitandolo a rivedere la propria normativa in tema di #ergastolo.

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Il ricorrente, appartenente al clan Radicena e coinvolto nella faida di Taurianova, veniva condannato nel 1999 all'ergastolo, con l'applicazione dell'aggravante dell'associazione di tipo mafioso.

Nel 2011, il ricorrente richiedeva un permesso premio, ma gli veniva negato ai sensi dell'art. 4-bis e 58-ter della legge 365/92, i quali subordinano queste concessioni al fatto che l'imputato collabori con la giustizia.

In concreto, questa legge disciplina il c.d. ergastolo ostativo, ossia quella forma di ergastolo in cui non vengono concessi permessi (il c.d. "fine pena mai").
Di solito, in caso di ergastolo ordinario, dopo 26 anni si può accedere a permessi e lavori all'esterno del carcere.

Ai §§39-51 la Corte ricorda poi la giurisprudenza italiana di C. Cost. e Cass., entrambe critiche nei confronti degli automatismi della legge, ma riconoscendo la collaborazione con le autorità come elemento fondamentale per accertare la rottura dei legami con l'ass. mafiosa.

La Corte, attesa la scelta del legislatore di far prelevare la componente della prevenzione generale, limita il campo della sua valutazione ad un aspetto: l'ergastolo ostativo viola la Convenzione?

Occorre infatti ricordare, come ribadito in altre pronunce, che vi può essere una violazione dell'art. 3 CEDU in tutti i casi in cui le circostanze e i requisiti della legge ostacolino materialmente la riabilitazione del condannato (Vinter)

Quindi la domanda diventa: il requisito previsto dall'art. 4-bis e 58-ter rappresenta un ostacolo? E se lo è, la sua applicazione è proporzionata alla finalità perseguita?

La Corte ricorda come il fatto di collaborare con la giustizia non rappresenti necessariamente un allontanamento effettivo dai "valori criminali". Anzi, molto spesso, collaborare con la giustizia è un rischio per il detenuto, che non ha alcuna garanzia di sicurezza.

Era tra l'altro già capitato che la Corte criticasse la nostra normativa e, in particolare, quelle presunzioni (come quella di cui all'art. 4-bis), che potessero essere smentite da prova contraria (Pantano).

La Corte rileva dunque violazione dell'art. 3, ricordando come l'ergastolo ostativo comprima eccessivamente le possibilità di reinserimento sociale di un detenuto e le sue prospettive di riquantificazione della pena.

Negli ultimi punti, poi, la Corte, ai sensi dell'art. 46, invita l'Italia a rivedere la propria normativa sull'ergastolo ostativo, evidenziando un problema strutturale diffuso nel paese.

Questi i fatti.

Ognuno può avere la propria opinione ma la Corte (in prima sezione, manca eventualmente la Grande Camera) ha dato una pronuncia aderente alla sua giurisprudenza.

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