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Nella seconda metà dell’Ottocento le avevano misurate. Il peso del cervello e le dimensioni del cranio? Inferiori. La peluria facciale? Inferiore. Grandezza organi interni? Inferiori. Numerosi di globuli rossi? Inferiori. Per non parlare della brevità degli arti e dello scheletro
Quando scoprirono che le donne avevano qualcosa più dei maschi, come le pulsazioni, dissero che era la prova di un loro sottosviluppo.
E il tronco più lungo? Beh, quello è il classico segno di infantilismo. Caratteristica tipica dei bambini.
“Lombroso poi era andato giù duro. “La donna non è criminale nella misura in cui lo è il genere maschile, ma non per maggiore moralità o buon senso; […] bensì in quanto incapace di essere criminale per mancanza di coraggio e di vigore fisico, nonché di intelligenza”
Insomma. “Scientificamente” le donne erano esseri inferiori. In Italia qualcosa cambiò nel 1946. Finalmente veniva loro riconosciuto il diritto di eleggere i loro rappresentanti politici e di essere a loro volta elette. Un diritto sancito dalla Costituzione. Peccato per il resto
Già, il resto. Il modello gerarchico di famiglia era passato dall’Italia liberale, allo stato fascista, alla Repubblica senza cambiamenti. Per esempio l’art. 353 del codice penale Zanardelli (1890) stabiliva che «la moglie adultera è punita con la detenzione da 3 a 30 mesi».
Cosa prevedeva l’art. 354 dello stesso codice per gli uomini? Stessa pena, ma solo se manteneva «una concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove». Quando fu abolita questa disparità? Nel 1968, quando si accorsero che era “leggermente” anticostituzionale”.
Queste disparità non erano nemmeno le cose peggiori. C’era di peggio, molto peggio. Ricordate la storia di Ruby Bridges, la prima bambina nera ad entrare in una classe di soli bianchi? Fece il primo passo.
Perché per cambiare le cose c’è sempre bisogno di un primo passo.
Mi chiamo Giuseppe Ruisi, ragioniere. E quella che sto per raccontarvi è la storia di un altro primo passo.
“Io non sono proprietà di nessuno, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”.
Questo disse Franca al processo.
Franca era nata ad Alcamo, in Sicilia, in una famiglia di agricoltori. Eravamo coetanei, compaesani e amici d’infanzia. Direi, più che amici, fidanzatini. Franca era la ragazza più bella di Alcamo. Aveva 17 anni e undici mesi quel giorno.
Filippo Melodia, nipote di un boss, la voleva per sé. Dopo il rifiuto aveva bruciato la vigna del padre. Ma non si era fermato lì.
Infatti il 26 dicembre 1965, alle ore 9.00, con l’aiuto di dodici amici era entrato in casa della famiglia Viola.
Avevano picchiato la madre e portato via Franca e il suo fratellino di 8 anni. Li avevano portati in un casolare. Due giorni dopo avevano liberato il bambino. E Franca? Violentata, malmenata e lasciata digiuna. Tenuta segregata per otto giorni
Il giorno di Capodanno il papà di Franca era stato contattato dai parenti di Melodia per mettersi d’accordo sul matrimonio di Franca Viola con il suo stupratore.
Articolo 544 del codice penale. Il matrimonio avrebbe estinto il reato di sequestro di persona e violenza carnale.
Reato estinto per la legge, onore riparato per la società. Doveva sposare Melodia, punto. Non andò così. I genitori di Franca si misero d’accordo con la polizia e fecero finta di accettare il matrimonio riparatore per scoprire dove fosse la figlia.
Il giorno dopo, all'alba del 2 gennaio 1966, la polizia intervenne facendo irruzione nell'abitazione, liberando Franca ed arrestando Melodia ed i suoi complici.

E poi ci fu il processo.
Franca non voleva sposarlo, ma secondo la morale del tempo, una ragazza uscita da quella vicenda avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo rapitore, salvando il suo onore e quello familiare.
In caso contrario sarebbe stata additata come "donna svergognata".
Papà Bernardo le aveva chiesto:”cosa vuoi fare, Franca?”. Lei aveva risposto che non voleva sposarlo. “Va bene, tu metti una mano io ne metto cento” e così andò. Franca, la mia Franca fu la prima donna in Italia a dire di no al matrimonio riparatore.
Filippo Melodia fu condannato solo a 11 anni, perché le «usanze» furono considerate un’attenuante. Pena poi ridotta a 10 anni. Melodia uscì dal carcere nel 1976. Fu ucciso da ignoti, il 13 aprile 1978, nei dintorni di Modena, con un colpo di lupara.
Perché io, Giuseppe Ruisi, vi ho raccontato la storia di Franca? Perché dopo quella vicenda le chiesi di sposarmi. Dovetti insistere, perché lei aveva paura di rappresaglie nei miei confronti. La convinsi con una frase.
Meglio vivere dieci anni con te, che tutta la vita con un'altra" le dissi.
Ci siamo sposati nel 1968 e oggi abbiamo due figli Sergio e Mauro.
Non ho mai tenuto ritorsioni da parte dei Melodia. L'amore viene prima di tutto.
54 anni fa una ragazza compì un primo passo. Per sbarazzarci di ‘nozze riparatrici’ e “delitto d’onore’, bisognerà attendere il 1981.
Per considerare per legge lo stupro non più come un reato contro la morale, bensì come un reato contro la persona, si dovrà aspettare il 1996.
Ricordate il papà Bernardo? Morì 18 anni dopo il rapimento. Andò in coma il 23 dicembre, ma Franca sapeva quando se ne sarebbe andato. Bernardo morì infatti il 26 dicembre alle ore 9.00. Lo stesso giorno alla stessa ora del rapimento.
Come per dirmi: ”Vai avanti”.
Grazie a @baffi65 che mi ha ricordato che oggi, 2 gennaio 1966, è l’anniversario della liberazione di Franca Viola. Per ricordare che serve sempre un primo passo per cambiare le cose. Che sia quello di una bambina, come Ruby Bridges, o di una diciassettenne, come Franca Viola.
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