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Quelli che davvero hanno dato la vita per liberare l’Emilia-Romagna. (13)

Quasi tutti conoscono la storia dei fratelli Cervi, pochi sanno di un’altra famiglia sterminata quasi interamente dai fascisti.
Era una famiglia di contadini di Villa Sesso (Reggio Emilia), il cui capo famiglia, Virginio, era stato tra i fondatori in provincia di Reggio delle prime cooperative bracciantili e delle prime Leghe contadine, ed aveva cresciuto i suoi sei figli negli ideali socialisti.
Nessuno dei Manfredi aderì mai al fascismo e addirittura Virginio ritirò Gino, il figlio minore, dalla scuola elementare per evitare che, come d’obbligo, indossasse la divisa di “Balilla”.
Dopo l’armistizio la famiglia Manfredi, dispersa dalla guerra, poté riunirsi.
Proprio Gino assolse al primo incarico nella Resistenza locale, assumendo il comando di un distaccamento delle Squadre di Azione Patriottica. La casa dei Manfredi divenne presto luogo di riunione del CLN di Reggio Emilia, deposito di armi, posto di riferimento del Comando Piazza.
Quasi ogni notte i Manfredi uscivano per condurre azioni contro i fascisti e i tedeschi, sino a che, nel dicembre del 1944, i repubblichini decisero di passare alla rappresaglia.
La notte del 17, quasi duecento fascisti di varia risma circondarono l’abitato di Villa Sesso.
Alfeo Manfredi stava ascoltando una trasmissione di “Radio Londra assieme ad altri due partigiani. Tutti furono brutalmente pestati e subito passati per le armi. Il 19, durante il funerale del congiunto, i fascisti ed i tedeschi tornarono a Villa Sesso.
I nazifascisti effettuarono 251 perquisizioni, 57 arresti, 432 fermi e 14 fucilazioni.
I fascisti non si lasciarono, naturalmente, sfuggire i Manfredi. Gino fu il primo a finire nelle loro mani, seviziato con un coltello provò ad assumersi invano tutte le colpe.
Anche il vecchio padre, che si era offerto ai repubblichini in cambio dei figli fu, con loro, passato per le armi.
Fu soltanto l’intervento dei sottufficiali tedeschi che limitò il bilancio della strage a quattordici persone, contro le sessanta decise dai repubblichini.
Così dopo Alfeo caddero anche il padre Virginio, ed i figli Gino di 29 anni, Guglielmo di 33 anni e Aldino di 34 anni.
L’unico dei Manfredi sopravvissuto (Attilio), poté assistere alla strage compiuta dai repubblichini da una finestra della cooperativa.
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