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Storie di partigiani, per non dimenticare. (5)

Sono nata a Pozzonovo (Padova) il 15 ottobre 1887, e il mio vero nome è Angelina. Non so il perché, ma era usanza dalle mie parti abbreviare i nomi, così per tutti sono Lina.
Mi sono diplomata maestra elementare, poi ho continuato gli studi in Francia per avere l'abilitazione all'insegnamento del francese nelle scuole medie. Da giovane protestai contro la prima guerra mondiale, nella quale hanno perso la vita due miei fratelli.
Nel 1919 mi iscrissi al PSI, scrivevo per “L'eco dei lavoratori” e “La difesa delle lavoratrici”, di questo fui anche direttrice dopo Anna Kuliscioff (nella foto). Naturalmente mi rifiutai di prestare il giuramento fascista, e così mi vietarono l'insegnamento.
Nel 1926 mi arrestarono più volte per la mia attività antifascista, infine mi condannarono a cinque anni di confino da scontare in Sardegna (a Nuoro, a Dorgali e a Orune), senza nemmeno l’indennità prevista per i confinati. Nella foto i confinati a Lipari.
Finita la pena vado a Milano, dove sposo un medico conosciuto in una riunione clandestina, Dante Galloni, già deputato socialista di Rovigo. Purtroppo nel ‘36 resto vedova, ma è uno stimolo ulteriore a continuare l'attività antifascista.
Così dopo l'8 settembre 1943, entro nelle fila della Resistenza, dapprima donando ai partigiani gli strumenti lasciati dal marito, poi raccogliendo fondi e vestiario per loro, infine organizzando con Ada Gobetti, Laura Conti e altre antifasciste i "Gruppi di difesa della Donna".
Dopo la Liberazione entro nella Direzione del PSI, contribuendo a fondare l'UDI (Unione Donne Italiane). Faccio parte della Costituente, e in parte si deve a me se l'articolo 3 dice: "Tutti i cittadini... sono uguali davanti alla Legge... senza distinzioni di sesso".
Divento senatrice nel 1948 e il mio è il primo intervento di una donna al Senato.
Una donna che finalmente parla al Senato!
Nel 1951, anno dell'inondazione del Po, accorro in Polesine per aiutare la mia gente. Mi rieleggono senatrice nel 1953, ma nel 1958 passo alla Camera.
Diventerò famosa per una legge che entrò in vigore il 20 settembre 1958, molti anni dopo la presentazione della proposta di legge: la cosiddetta “Legge Merlin” che decretava l’abolizione dei bordelli, le “case chiuse”.
Nel 1961 decido di lasciare la politica attiva e mi dedico alla scrittura. Il libro “La mia vita” verrà pubblicato soltanto dieci anni dopo la mia morte, avvenuta nel ‘79.
Avevo già pubblicato un libro, “Lettere dalle case chiuse”, il grido di povere donne in cerca di aiuto.
Lina Merlin, una partigiana.
Ma soprattutto una grande donna, che ha sempre lottato per la parità e per la dignità di tutte le donne.
Le “case chiuse” erano, e sarebbero pure oggi, una umiliazione squallida.
La donna considerata merce in vendita, uno sfruttamento abominevole.
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