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Seguito del thread precedente.

La campagna elettorale è stata sfiancante. E pericolosa.
Peppe, Peppino, Fausto Bubba e tutti i compagni ad attaccare la 'ndràngheta, con la convinzione di poter salvare le giovani generazioni dall’abbraccio fatale delle cosche.
Ma ora è tutto finito. Le cosche erano state sconfitte. Almeno per quel giorno. Un inizio.
E’ quello che pensa Peppe mentre, uscito dalla trattoria, si dirige verso la sua Fiat 126 verde parcheggiata a ridosso di un fitto agrumeto.
Peppe ha infilato le chiavi e le ha girate con un gesto automatico. Dal canneto un bagliore improvviso. Lo vede appena.
Nel frattempo le auto dei compagni si sono mosse.
E poi quel tuono. Peppe sente il cuore che comincia a correre.
Cade fuori dall’auto.
Secondo tuono. Il corpo comincia a bruciare. Lo stomaco gonfio e le gambe deboli. Poi un urlo: “Aiuto cumpagni, mi spararu!”.
I compagni accorrono. L’amico Peppino per primo. Si inginocchia. Sente il sangue di Peppe sulle mani. Lo caricano sulla A112 di Vincenzo.
E via sgommando
Peppe è ancora vivo. Peppino lo stringe. Gli parla. Gli accarezza la faccia. La strada per Gioia Tauro s’avvicina. Un rantolo. La bocca spalancata. E poi il nulla. Giuseppe Valarioti, per tutti Peppe, è morto.
Carmela si è svegliata col sorriso sulle labbra. Finalmente potrà abbracciare il suo Peppe. In cucina la radio è accesa, ma lei è assorta nei suoi pensieri.
La madre le viene incontro senza dire nulla. L’abbraccia forte.
E lei comprende.
“È successo qualcosa a Peppe”. Piange.
Anche mamma Caterina ha compreso. Lo ha capito quando alla mattina ha girato il chiavistello della camera del suo Peppe. La porta era aperta. Il letto non ancora toccato.
Il suo Antonio l’aveva abbracciata.
Il sacco dei fertilizzanti, pronto per il pomeriggio, dovrà aspettare.
Al funerale di Peppe erano in migliaia. Una folla impressionante.
Una marea di necrologi affissi in paese.
Anche l’Msi ne ha fatto uno.
Perché sa che non sono loro i veri nemici a Rosarno. Non sono loro.
Fu un giugno drammatico quello del 1980 in Calabria. Un giugno di sangue e di fuoco. Due dirigenti del Pci assassinati nell’arco di due settimane, uno nella piana di Gioia Tauro e l’altro sul Tirreno cosentino.
Oltre a Giuseppe Valarioti anche Giannino Losardo.
Ricordate l’amico Peppino? Lui si chiamava (e si chiama) Giuseppe Lavorato. Malgrado le continue intimidazioni proseguì la lotta contro le cosche.
E nel 1994 divenne sindaco di Rosarno. E fu subito festa. Nel senso che fu la stessa ‘ndràngheta ad organizzare i festeggiamenti
Furono 59 gli attentati. In una sola notte. Quelli i festeggiamenti.
Fucili mitragliatori contro le serrande dei negozi, le finestre delle case e del comune.

E ne corso degli anni altri attentati.
.
Come quel del 22 marzo del 1998 quando ignoti criminale entrarono in comune distruggendo tutto.
Lasciando affisso un biglietto firmato "mafia" con la scritta rivolta al sindaco: "tu sarai il primo a morire".
Forse vi state chiedendo. Ma gli assassini di Giuseppe Valarioti vennero arrestati? Pagarono per quell’omicidio?”
No.
Giuseppe Pesce, imputato al processo nel 1982, venne assolto con formula piena.
Nessuno ha mai pagato per quel delitto.
Rossella Casini, studentessa, Lucio Ferrami, commerciante, Francesco Borrelli, maresciallo dei carabinieri, Salvatore Dragone, ragioniere, Luigi Gravina, commerciante, Gennaro Musella, imprenditore, Pompeo Panaro, commerciante, Graziella e Maria Maesano, due bambine di 9 anni.
Mario Lattuca, operaio, Francesco Panzera, insegnante, Bruno Caccia, Carmine Tripodi, brigadiere, Giuseppe Rechichi, professore, Girolamo Marino, Sergio Cosmai, direttore del carcere di Cosenza, Antonino Vicari, imprenditore, Filippo Salsone, Maresciallo.
Rosario Iozia, brigadiere, Lodovico Ligato, parlamentare, Giuseppe Macheda, Vigile Urbano, Giovanni Mileto, Caposquadra, Pietro Ragno, carabiniere, Vincenzo Grasso, rivenditore, Raffaele Talarico, guardia giurata, Abed Manyami, venditore ambulante,Francesco Ventura, imprenditore
Sono solo alcune delle vittime della 'ndrangheta di quegli anni. Non solo Giuseppe Valarioti e Giovanni Losardo.

Perchè se cerchi di ribellarti, se pretendi un minimo di legalità da quelle parti, lo devi sempre mettere in conto. Quello di morire intendo.
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