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Vi presento Lucia Borgonzoni, 42 anni, interior designer di professione, sottosegretaria alla Cultura, eletta al Senato con la #Lega (non più) Nord in Emilia Romagna, sconfitta per un pelo da Virginio Merola al ballottaggio delle comunali di Bologna del 2016.
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Anche lei, come Salvini, millanta un non meglio precisato passato «nell’ambiente dei centri sociali». Nel luglio dell’anno scorso la sottosegretaria alla Cultura Borgonzoni ha dichiarato di non leggere un libro da tre anni.
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Sotto le polemiche di Facebook e il rimpiattino permanente della campagna elettorale, è lei in questi giorni che sta muovendo i fili della politica culturale del governo. Anzi, della politica anticulturale del governo.
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La sua traccia nel dibattito sul Salone del libro di Torino è passata un po’ in sordina, ma è stata decisiva nell’alimentare il clima di tensione: dopo il famoso post di Christian Raimo sugli scrittori e gli editori neofascisti, (segue)
infatti, è stata proprio Borgonzoni la prima a chiedere la sua testa, blaterando di «censura» e «liste di proscrizione». Raimo, alla fine, s’è dimesso da consulente del Salone.
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Alla fine della rassegna di Torino, Borgonzoni ha alzato ancora più il tiro, chiedendo anche le dimissioni del direttore Nicola Lagioia, che però al momento resiste: ha un contratto fino al 2021 e quest’anno il Salone è stato un successo di pubblico.
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Se le cose fossero andate meno bene del previsto, con ogni probabilità, sarebbe saltato pure lui.Questo perché la discussione su Altaforte e sul libro di Salvini era solo un appendice di quello che è stato un vero e proprio attacco del governo al Salone e ai suoi vertici. (Segue)
Stamattina Repubblica riporta una notizia che vede Borgonzoni ancora protagonista, cioè antagonista, cioè nel pieno esercizio delle sue funzioni anticulturali.
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Dunque, in una scuola superiore di Palermo, nell’ambito di un progetto sulla Giornata della memoria, un gruppo di studenti ha associato il decreto sicurezza alle leggi razziali.
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Una posizione sicuramente forte ma altrettanto sicuramente legittima: gli studenti sono liberi di esprimersi, gli insegnanti sono costituzionalmente liberi di insegnare.
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E però la professoressa d’italiano di questa scuola di Palermo è stata sospesa per due settimane (senza stipendio).
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Cosa è successo? In pratica, un «attivista di destra» siciliano, lo scorso gennaio, aveva lanciato l’allarme su Twitter, sostenendo che la prof avesse obbligato gli studenti a dire che Salvini è come Hitler.
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Chiaramente non era vero, però la mitica sottosegretaria Borgonzoni non si è lasciata sfuggire la faccenda e, dopo aver dichiarato che «un prof del genere andrebbe cacciato con ignominia e interdetto a vita dall’insegnamento», (segue)
ha informato il mondo - e soprattutto gli assetati di sangue che ultimamente dilagano - di aver «avvisato chi di dovere».
«Chi di dovere» in questo caso è l’Ufficio scolastico provinciale di Palermo, che ha appunto sospeso l’insegnante perché (segue)
«la libertà di espressione non è libertà di offendere e l’accostamento delle leggi razziali al decreto sicurezza è una distorsione della realtà». In pratica, la prof avrebbe dovuto evitare che gli studenti distorcessero la realtà, qualsiasi cosa voglia dire. (Segue)
Ecco, forse lasciare che una tipa come Lucia Borgonzoni abbia le mani in pasta su robe delicatissime e importanti come la cultura e la scuola non è esattamente confortante.
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Anzi, è grave. «Chi di dovere» farebbe bene a muoversi.
#BorgonzoniDimettiti
(Fine)
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