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L'attacco all'autonomia di Bankitalia è un altro passo verso Italexit, ma sta avvenendo nell’indifferenza generale di media e opposizione.

[Thread lungo e inadatto a Tw per capire perché la riforma della governance di Palazzo Koch riguarda tutti e dovremmo esserne preoccupati]
L'annuncio di Alberto Bagnai nell’intervista al Corriere della Sera venerdì 14 è passato quasi inosservato (con l’unica eccezione delle denunce social di pochi economisti: bit.ly/2Zx4t0f): il governo si accinge a riformare la governance dell'autorità monetaria.
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La notizia è stata poi rilanciata da Reuters, giovedì 20
(bit.ly/2Iw5Ir0), senza suscitare alcuna reazione nei media mainstream e nell'opposizione (tuttora silente).
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Eppure, in una fase in cui i leader della maggioranza discettano continuamente di emissione di monete illegali e di uscita dall’euro, ogni limitazione dell’autonomia della banca centrale dovrebbe destare preoccupazione.
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Secondo il disegno di legge, depositato dalla maggioranza in Commissione Finanze e Tesoro, tre membri del direttorio, compreso il governatore, saranno scelti dal presidente del consiglio di concerto con il governo.
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Altri due saranno nominati rispettivamente dalla Camera e dal Senato a maggioranza assoluta. Inoltre, ogni modifica dello statuto della Banca d’Italia sarà in futuro decisa dal Parlamento.
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La riforma sembra il primo passo del ricongiungimento tra Tesoro e Banca d’Italia dopo il "divorzio" del 1981. All’epoca, il divorzio ebbe lo scopo di ripristinare una disciplina fiscale dopo anni di monetizzazione allegra del deficit.
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Dal 1975 la banca centrale si era impegnata a garantire il successo delle aste dei titoli di stato, stampando moneta per comprare le obbligazioni rimaste invendute.
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Così il costo della spesa in deficit e dell'aumento del debito fu scaricato sui cittadini, che subirono un prelievo forzoso e regressivo sotto forma di inflazione, che raggiunse il 21% nel 1980, e sulla lira, che tra il 1975 e il 1980 si svalutò del 40% rispetto al $.
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Forti di tale meccanismo, i governi si indebitarono pesantemente. Con il divorzio, che incontrò l'ostilità di tutti i partiti, la banca centrale fu liberata dall’obbligo di comprare i titoli di stato e acquisì autonomia nelle scelte di politica monetaria.
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Da quel momento i governi dovettero confrontarsi con investitori "veri" per collocare i titoli con cui finanziare i deficit di bilancio.
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Tuttavia, negli anni ottanta l’Italia continuò a chiudere i bilanci con saldi primari negativi, diversamente dalle altre grandi economie europee, portando il rapporto tra debito e pil dal 60% del 1980 al 100% del 1990.
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Ora, è vero che la Banca d'Italia ha un problema di trasparenza e accountability, ma non sono queste le preoccupazioni del governo. Inoltre, la proposta di un controllo politico sullo Statuto non ha uguali in Europa e investe temi cruciali come l'impiego delle riserve.
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La sensazione è che Lega e M5S, inclini alle spese allegre almeno quanto il pentapartito degli anni ottanta, vedano nell’assoggettamento della Banca d’Italia un nodo fondamentale del proprio piano di espansione fiscale fuori dalle regole e dalle istituzioni europee.
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Se l’🇮🇹 uscirà dall’euro come ripetutamente auspicato dagli "economisti" di Salvini, il governo avrà bisogno di finanziare la spesa in deficit senza passare per il mercato, poiché a causa della ridenominazione del debito in lire i nostri titoli diventeranno spazzatura.
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Sarà quindi essenziale che il governo possa imporre alla banca centrale l’acquisto dei titoli di stato mediante l’emissione di nuove lire.
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Ogni volta che proviamo a unire i puntini delle dichiarazioni e delle azioni degli economisti della Lega emerge sempre la stessa figura, Italexit. Lo scenario, impensabile fino a poco più di un anno fa, è ora meno improbabile di quanto si possa pensare.
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Tutto dipende dalla determinazione del governo a proseguire sulla rotta che ha tracciato, ed eventualmente dall’opposizione che troverà sulla sua strada.

Ma l'opposizione, per il momento, non dà certo segnali incoraggianti.

17/
Post scriptum: il thread si trova srotolato qui facebook.com/fabio.sabatini
Grazie infinite per la pazienza
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