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THREAD ➡ Recentemente si è aperto un dibattito sulla concentrazione di ricchezza nelle grandi città, che sembra mettere sotto accusa il modello di crescita di #Milano e delle altre grandi metropoli. 1/n
La divergenza geografica ci racconta una storia di vincitori e sconfitti. Mentre la faglia italiana Nord-Sud si sovrappone a quella continentale tra Mitteleuropa e Paesi mediterranei, stanno emergendo nuovi divari interni alle regioni stesse (centro vs periferia). 2/n
Gli squilibri di carattere geografico si sviluppano in parallelo a una polarizzazione del mercato del lavoro tra professioni ad alto capitale umano, che beneficiano dell’integrazione internazionale e dell’adozione di nuove tecnologie… 3/n
…e vecchi lavori a rischio automazione, generando disuguaglianze economiche e lacerazioni sociali, politiche e persino culturali. 4/n
Il divario territoriale è quindi un tassello di un mosaico più ampio di fratture su varie dimensioni, pur conservando la sua specificità.

Il mercato, quando funziona, seleziona senza pietà: il capitale vola dov’è più produttivo e chi non è competitivo fallisce. 5/n
Eppure, tale meccanismo di “distruzione creativa” non può funzionare a livello geografico: se il Sud fallisce resta lì dov’è, con le opportunità negate alle nuove generazioni e lo spreco di un potenziale inespresso. 6/n
Certo, anche se non si spostano i territori si muovono le persone, ma l’effetto collaterale di migrazioni interne in larga scala, è il rischio di una desertificazione di capitale umano nelle zone ai confini della globalizzazione. 7/n
Gli effetti sono locali, ma il problema è di natura sistemica, riguarda cioè le dinamiche strutturali intrinseche al modello di sviluppo attuale, basato sulla diffusione della conoscenza e sull’integrazione in reti economiche e sociali. 8/n
Se il problema è sistemico, un certo moralismo contro (o per) Milano è da evitare: non è sua la colpa se ha un modello vincente, né allo stesso modo è esclusiva responsabilità degli altri amministratori locali se i loro territori non tengono il passo. 9/n
Al netto degli indiscutibili meriti di Milano, infatti, la sua fortuna deriva anche da due vantaggi di natura geografica e storica su cui altri centri urbani non possono contare, cioè essere una metropoli ed essere vicina all’Europa continentale. 10/n
I benefici esponenziali che derivano da questi asset di rete sono relativamente recenti: mentre un sistema agricolo o industriale è di per sé quasi autosufficiente, la nostra economia basata sulla conoscenza rende più produttivo chi lavora a fianco di chi è già produttivo. 11/n
In un lavoro di E. Moretti (La nuova geografia del lavoro, Feltrinelli 2014) si stima che per ogni rapporto di lavoro in una realtà innovativa d’eccellenza nascono cinque altri posti di lavoro nella zona circostante. 12/n
Si tratta di professioni che arricchiscono chi le svolge e danno sviluppo allo spazio urbano circostante. Il sistema stesso quindi consolida i successi e rende i modelli vincenti non replicabili altrove: non basta dunque imitare Milano per ottenere gli stessi risultati. 13/n
Quindi, una spiegazione esclusivamente “meritocratica” risulta poco credibile quando si parla di economie di agglomerazione. Valorizzando strutturalmente i risultati precedenti, infatti, il vantaggio locale genera una rendita di posizione. 14/n
Occorre intervenire in modo radicale per contrastare la marginalizzazione di alcuni territori, poiché il rischio è che chi è tagliato fuori faccia saltare il banco, come mostrano le polarizzazioni anche nei dati elettorali (in Italia e non solo). 15/n
Il tema è dunque “come” intervenire.
Un certo grado di divergenza è inevitabile.

👉🏼Se Milano rallenta, infatti, paghiamo tutti.

Le metropoli sono spesso integrate in catene del valore globale e funzionano come sbocco di una filiera nazionale, in entrata e in uscita. 16/n
L’Italia senza Milano rischierebbe di essere tagliata fuori da questa rete sovranazionale e il prezzo lo pagherebbero anche le zone già dimenticate.

Ciononostante, qualcosa si può fare. 17/n
Più che pretendere che le aree interne viaggino alla stessa velocità delle metropoli, bisogna moltiplicare queste ultime e renderle più vicine alle prime. 18/n
Se il dramma attuale è che molti pezzi del Paese hanno una distanza siderale da distretti che attraggono investimenti e veicolano conoscenza, quel che serve è una Milano raggiungibile da ogni area interna. 19/n
Per far questo serve investire perché altri centri urbani, sparsi da Nord a Sud, somiglino sempre più a Milano e perché ognuno di essi sia più vicino all’area circostante. 20/n
Si tratta di rendere i centri di agglomerazione più vicini per evitare che l’emarginazione economica e culturale trasformi il dato geografico in una ragione di esclusione sociale. 21/n
L'articolo di riferimento da cui è stato concepito questo thread è stato scritto da @bando_mottironi per @TortugaEcon, su @HuffPostItalia.

bit.ly/2pChzgp 22/22
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