E c’era stato di tutto in quegli anni.
Odio, accuse, maldicenze e acrimonia.
Non avevo digerito certe sue dichiarazioni sul mio stato di salute.
Che bisogno c’era di mettere in discussione la mia vita sessuale.
Me l’ero legata al dito. Che dovevo fare?
E poi quelle sue domande fatte in giro.
Decisi di fargliela pagare. Con l’approvazione di altri giocatori misi il veto alla sua convocazione ai Giochi Olimpici di Barcellona del 1992.
Anche perché lui aveva sempre rispedito al mittente, cioè al sottoscritto, quella accuse.
Sul fatto che fossi gay intendo.
Perché lui quella malattia l’aveva avuta in casa.
La conosceva bene, visto che suo fratello Gregory era poi morto di AIDS.
Perché non dovevo prendermela. Non ne avevo motivo.
Che importa se alcune persone pensano che sei gay. Che importa, accidenti.
Visto che non c'è assolutamente nulla di sbagliato nell'essere gay. Proprio nulla.
Ero io quello sbagliato.
“Tu sei mio fratello, e lascia che io mi scusi con te se ti ho fatto del male e non siamo stati assieme. Dio è buono e ci ha riportati uno di fianco all’altro”.
Quanto sono durate le scuse?
58 secondi.
Serve proprio una festa particolare come il Natale per fare qualcosa di speciale?
Per fare pace con qualcuno con cui hai litigato o per chiamare un vecchio amico che non senti da tanto tempo?
Per ammettere di aver sbagliato?
O anche solo per dire ancora una volta a vostro figlio o a vostra figlia "ti voglio bene. Ricorda, per qualsiasi cosa io ci sarò sempre?"
Figuriamoci giorni, mesi o peggio anni.
A volte, bastano solo 58 secondi.
Dipende solo da noi.
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