Mi chiamo George Eade, inglese.
Ed è un vero peccato.
Che quel tedesco sia stato mio amico solo per un giorno, intendo.
Eravamo posizionati sul fronte occidentale, nella zona intorno la cittadina di Ypres, tra il Belgio e la Francia settentrionale.
A dicembre i campi ricoperti di neve.
Eravamo stanchi, con il morale a terra.
Era il 7 dicembre 1914 quando Papa Benedetto XV fece un appello per un armistizio “onde ridare al mondo almeno un assaggio di quella pacifica quiete che ignora oramai da tanti mesi”
Ci avevano detto che la guerra sarebbe finita presto. “Entro Natale sarete già a casa. E vincitori”.
E noi eravamo partiti entusiasti.
Ma ora? Un cessate il fuoco ci avrebbe consentito almeno di seppellire i morti.
Tutto ebbe inizio la notte di Natale.
Vedemmo soldati tedeschi posizionare delle candele sul bordo delle loro trincee e decorare alberi.
Decoravano alberi, capite?
Mentre noi li guardavamo increduli.
“Ho visto la cosa più straordinaria che si possa vedere: stavamo per sparare a quel tedesco…e poco dopo eravamo tutti in festa” scrisse il soldato inglese Dougan Charter.
Vero. Piano piano uscimmo tutti
“Ci salutammo e rientrammo nelle trincee…poi udimmo dei colpi…la guerra era ricominciata”.
E quel secco comunicato del nostro comando “Mai più tregue, partite di calcio incluse. In guerra non bisogna mai interrompere l’uccisione del nemico”.
Morirà in combattimento nel 1917.
“Dov’è andato a finire l’onore dei tedeschi?”
Il suo nome? Adolf Hitler.
Per avermi dato la possibilità di ricordare un giorno di dicembre del 1914 quando gli uomini scoprirono di avere molte cose in comune.
Scoprirono soprattutto, di essere tutti “esseri umani”.
#treguapersempre