Mi riferisco al premio International Fair Play (per l'adesione ai principi del fair play) che ho ricevuto nel 2001 dalle mani del presidente del Comitato Olimpico Internazionale.
Tra l’altro lei era mia amica.
In realtà nello sport ci vuole tanta dedizione.
E tanta sofferenza.
Come ai Campionati Mondiali del 1999 a Sun City. Non stavo bene, avevo forti dolori alla schiena e i miei allenatori mi dissero di rinunciare. Non diedi loro retta.
Dicono sia stata una data storica per lo sport mondiale.
Come vi ho già detto all’inizio, non mi sembra di aver fatto qualcosa di straordinario. Giudicate voi.
E fin qui.
Al secondo posto arrivò la mia amica Anna Dogonadze, tedesca.
Bene, direte voi. Gioia immensa, medaglia d'oro al collo, e festa tutta la notte.
Beh, non andò così.
Un grossolano errore da parte dei giudici di gara.
La mia amica Anna aveva perso l’oro per un decimo di punto.
Era stato solo grazie a quell'errore che avevo vinto l'oro. Un oro che non meritavo. Anna era stata più brava.
Ditemi voi. Che avrei dovuto fare?
Una volta assegnata una medaglia, i risultati ufficiali non possono essere più modificati.
Ma non era giusto accidenti. E lo dissi.
Anche al presidente della F.I.G. nonché membro del CIO, Bruno Grandi. Che fortunatamente, e solo per quello volta, fece un’eccezione alla regola consentendo ai giudici di correggere l'errore.
E così io e Anna ci scambiammo le medaglie.
Costruì un prototipo in garage dopo aver visto al circo i trapezisti rimbalzare sulla rete.
Si era pagato l'ingresso portando acqua agli elefanti.
Aveva solo 16 anni.
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