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Dalla paura dell’invasione all‘integrazione.
Prima degli italiani, anche gli svizzeri (anni 60-70) ebbero paura dell’invasione, della sostituzione etnica. Gli invasori allora eravamo noi. Noi quelli violenti, con il coltello, propensi a delinquere, dei matrimoni combinati
Noi, arrivati in quasi due milioni dal 46 al 68, venivamo accusati di lavorare sotto costo, di rubare il lavoro agli svizzeri. Potevamo risiedere dapprima solo come stagionali per nove mesi all’anno e dovevamo tornare per 3 mesi in Italia
Ci denigravano e insultavano, in Svizzera tedesca ci chiamavano “cinq” (da 5 nel gioco della morra, molto praticato allora da noi e nella confederazione vietato) in Svizzera francese ci apostrofavano con "Ritals", "Piafs", "Pioums", "Maguttes"…
Alle stazioni di frontiera venivamo fatti completamente spogliare e dovevamo fare una doccia prima di essere cosparsi di DDT e passare la visita medica. Solo dopo che una 23enne prese freddo durante la visita medica a Briga e morì x broncopolmonite la procedura venne modificata
Noi stagionali risiedevamo spesso in baracche coi letti a castello, un cesso per cinquanta persone, il lavatoio in comune, fornelletti per cucinare, fili stesi per i panni, ai margini delle città, vicino ai cantieri.
I figli di noi stagionali, non potevano risiedere, per legge, in Svizzera e venivano tenuti o da parenti in Italia o nascosti nelle case. Non potevano fare rumore né giocare perché altrimenti venivano denunciati ed espulsi
Alla realtà dei bambini nascosti (forse 5'000 all'inizio degli anni '70) si ispirano film e romanzi come "Lo stagionale" (del 1971 di Bizzarri) e il recente bel romanzo „Chiamami sottovoce“ di @NicolettaBorto2 #daleggere
Anche nel film Pane e cioccolata con Manfredi se ne parla
L‘odio verso noi italiani era tale che non era raro trovare cartelli che recitavano "Vietato ai cani e agli italiani" o „non si affitta agli italiani“. A Zurigo ci fu un pogrom contro noi italiani, scatenato da un pretesto. Bastonature per strada, negozi bruciati.
In quel clima, quando i migranti eravamo noi, c’erano tanti che volevano cacciarci via, perché “prima gli svizzeri”. Ci fu un referendum nel 1970, lanciato da James Schwarzenbach. Se avesse vinto, in 300 mila di noi avrebbero dovuto fare le valigie.
Perse per soli 100 mila voti, il 46 per cento contro il 54. A questo tema è dedicato un libro edito da Feltrinelli, intitolato „Cacciateli!“, scritto dal giornalista di Repubblica Concetto Vecchio.
Da allora le condizioni di lavoro e di vita di noi italiani in Svizzera sono andate sempre migliorando. I figli e i nipoti di noi italiani allora respinti e discriminati hanno studiato e ricoprono posti di responsabilità. Noi italiani siamo un esempio di integrazione riuscita
La paura e il razzismo non sono patrimonio né degli svizzeri né del passato. Ora siamo noi italiani, dimentichi del razzismo subito, a dire „prima gli italiani“ e a respingere gli africani nelle torture e nella morte. La paura è umana, sfruttarla é però criminale, vincerla si può
L‘emigrazione di noi italiani in Svizzera dimostra che si può superare la paura, anche il razzismo. Bisogna conoscersi di persona, rivendicare i propri diritti, studiare insieme i problemi, trovare soluzioni condivise. Educazione e formazione sono la chiave!
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