Quella del #Covid_19 è un crisi globale, organica e sistemica, che mette in seria discussione i paradigmi della nostra società. Potrebbe essere anche una grande opportunità, se ne imparassimo le lezioni.
#20marzo
Nessuno vuole stare a casa a guardare la TV. Tutti voglio lavorare: agire, contribuire. Ma nessuno vuole fare qualcosa che non lo realizzi, senza usare le sue capacità e competenze. Il lavoro è molto più della pura economia.
Ben lo #smartworking, ma ci stiamo accorgendo che solo una piccola quantità di lavori si può fare a distanza, in digitale. La tecnologia è uno strumento potente, ma solo se al servizio della socialità, della cultura, della condivisione.
Se Facebook e Twitter stanno svuotando gli uffici e lasciano le AI a governare i loro algoritmi, e se i risultati sono peggiori di prima, qualcosa vorrà dire. L'innovazione vera è quella sociale e culturale, e si evolve in secoli.
Se persino di fronte alla tragica ma semplice contabilità come il #coronavirus si riesce a litigare e realizzare che i dati non raccontano se non una realtà parziale, vuol dire che i dati non sono il mondo ma una sua rappresentazione.
Le fattispecie delle azioni umane sono infinite: non si può governarle con confini rigidi. La legge è un principio, che si appella alla responsabilità civile e alla tolleranza dei cittadini: senza di esse, anche il più forte potere è nulla.
Negli ultimi decenni l'economia globale ha spostato la sua attenzione prima dagli assetti alla liquidità, e poi dalla liquidità alla reputazione. Ma la vera economia non si serve delle persone, ma le deve servire: e lo può solo fare con degli asset solidi.
Da secoli la nostra cultura è centrata sulla sacralità della vita e dell'individuo; sulla ragione e la massima utilità; sul rifiuto della morte e dell'inefficienza. Ma il vero benessere del singolo è in seno alla Comunità e alla Storia.
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