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COSTITUZIONE ITALIANA E DEBITO PUBBLICO

Ovvero, dell’obbligo costituzionalmente sancito d’indebitar lo stato onde arricchire i cittadini

Su richiesta di @moschettopres
Vengono in considerazione gli artt. 2, 3, 47 e 139, quest’ultimo ricomprendente (anche) i primi 12 articoli (Principi Fondamentali). Si ponderino inoltre i numerosi articoli della Cost. tutelanti salute, lavoro ecc. i quali necessitano spesa pubblica per essere resi effettivi.
Art. 2: la Repubblica, oltre a riconoscere i diritti inviolabili dell’uomo, richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica,sociale. Obbligato di dovere inderogabile di provvedere all'esistenza dignitosa dei cittadini è in primo luogo lo Stato.
Art. 3, co 2, Cost.: parla da sé.
Art. 47 impone allo Stato il dovere di incoraggiare e tutelare il risparmio.
I mezzi con cui adempiere a tali doveri sono la spesa pubblica in deficit, accompagnata dall’emissione di titoli di Stato, ossia debito pubblico.
Vediamo perché.
Anzitutto, lo Stato, onde arricchire i cittadini erogando loro le prestazioni di cui sopra, deve spendere più di quanto incassa. Se non lo fa, i cittadini pagano in tasse più di quanto ricevono in servizi, impoverendosi: questo è quanto avviene da trent’anni, con l’Italia in
avanzo primario su richiesta UE. È altresì incostituzionale che lo Stato tagli i servizi previsti dalla Carta fondamentale, quali sanità e istruzione, inasprendo al contempo la fiscalità al punto da rendere nulla la libertà d’iniziativa economica privata (41 Cost.). È pertanto
costituzionalmente necessaria spesa pubblica in deficit. Deficit è finanziabile prendendo a prestito denaro da privati (emissione di Titoli di Stato) o battendo moneta, attributo quest’ultimo di ogni Stato dai tempi dei Sumeri, assieme al monopolio dell’uso lecito della forza.
Emissione di titoli di Stato contribuisce poi ad attuare art. 47: un Buono del Tesoro tutela risparmio e lo fa accedere ai grandi complessi produttivi nazionali. Meglio è che gli acquirenti del debito siano italiani: versare interessi a stranieri fa defluire ricchezza all’estero.
Obiezione: “Il pareggio di bilancio ex art. 81 è ostativo all’emissione di debito”. Qui entra in gioco l’art. 139 e la giurisprudenza della Corte Cost. su di esso: è pacifico che i principi fondamentali (artt. 1-12 + altri) non possono essere oggetto di revisione costituzionale.
La legge di revisione costituzionale n. 1/2012, introducente nell’art. 81 il principio del pareggio di bilancio, non tiene conto dell’esigenza di assicurare i diritti fondamentali di cui agli artt. 2 e 3 Cost.
Una prima soluzione è di considerare prevalenti i diritti previsti
dai primi 12 articoli, e pertanto incostituzionale la l.1/2012 nella parte in cui non prevede l’esenzione, dal pareggio di bil., delle spese volte a garantire i diritti ex artt. 1-12 (di cui è vietata la revisione). Tuttavia servirebbe una sentenza della Corte Cost. in tal senso.
Seconda soluzione: coprire il deficit con emissione di moneta di Stato. In tal modo:
a) viene rispettato il pareggio di bilancio: si conteggia emissione monetaria come entrata, pareggiando ogni spesa eccedente le entrate fiscali
b) si rispetta ogni vincolo Leuropeo, in quanto
emissione di statonote non è vietata dai Trattati UE (comunque sotto-ordinati alla Cost.): anzi Stati emettono già moneta metallica.
La moneta fiscale rientra nella concezione di Stato esistente da 5'000 anni, secondo cui lo Stato, non un privato, ha il monopolio dell’uso lecito
della forza e del battere moneta. Idea non certo aliena ai Costituenti, tanto è vero che uno di essi, Aldo Moro, giunto al governo emetterà delle statonote: le 500 lire riportanti dicitura “Repubblica Italiana” anziché “Banca d’Italia”.
Unico difetto di quest’ultima opzione (la
statonota) è che porterebbe bilancio in pareggio, e si emetterebbero pochi titoli di Stato acquistabili dai cittadini, privando quindi costoro di un mezzo di risparmio ideale ai fini dell’attuazione dell’art. 47. Tali fini dovranno comunque essere perseguiti in altri modi, ad
esempio con il potenziamento della Cassa Depositi e Prestiti, o la nazionalizzazione del sistema bancario, riportandolo sotto il controllo dello Stato come esso era prima di Maastricht.

Quanto sopra esposto è attuabile anche senza revisione costituzionale o uscita dall'euro.
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