"Campa o non campa? Sta molto male?" chiede con angoscia il vecchio Manlio. Manlio ha 70 anni, fatica a capire e fatica a farsi capire. Dieci anni fa è stato operato di un tumore alla gola. Subito dopo è andato in pensione lasciando l'officina dove lavorava come tornitore.
Con lui, intorno alla tavola, tutta la famiglia schiacciata dalla tragedia. Accanto la cena inutilmente pronta per il figlio, quel figlio buono, generoso, un ragazzo d'oro ripete la mamma Renata. Tutto casa e lavoro. La politica? Non si interessava di politica.
La mamma continua: "Mi ha detto che sarebbe rientrato verso le 21.30, come ogni sera. L'ho visto per l'ultima volta mentre andava in garage a prendere l'automobile, una 127 rossa. Era il sostegno morale della famiglia, avevamo solo lui". Ma lui chi? Di chi stanno parlando?
#MdT 17/12/1979 - Roma. Antonio, 24 anni, è uscito di casa. Ha un appuntamento con la sua ragazza, Fiorella, per andare a fare le spese natalizie. Fa una deviazione in Viale Regina Margherita in una cartoleria per acquistare i biglietti di auguri. 
Il buio sta scendendo e Antonio arriva in Piazza Dalmazia. E' contento, felice delle feste di Natale. All'improvviso una Horizon si ferma al suo fianco. 3 giovani (uno resta al volante) scendono e aprono il fuoco. 3 colpi dei 6 sparati vanno a segno. Poi un ultimo colpo di grazia
Antonio muore con i biglietti di auguri di Natale in tasca. Non ha avuto nemmeno il tempo di capire. Perché è stato ucciso così barbaramente?
Cosa aveva fatto di così grave per giustificare la sua condanna a morte?
Nulla, assolutamente nulla.
Cosa aveva fatto di così grave per giustificare la sua condanna a morte?
Nulla, assolutamente nulla.
La Horizon con a bordo i quattro assassini è fuggita dal luogo dell'agguato. Viene intercettata da una pattuglia della polizia che dopo un breve conflitto a fuoco vengono arrestati e condotti in carcere per l'interrogatorio.
Sono quattro neo-fascisti appartenenti a Terza Posizione e ai Nuclei Armati Rivoluzionari. Sergio Calore, Bruno Mariani, Antonio d'Inzillo e Antonio Proietti.
Durante l'interrogatorio confessano. "Abbiamo ucciso l'avvocato Giorgio Arcangeli perchè era una spia".
Durante l'interrogatorio confessano. "Abbiamo ucciso l'avvocato Giorgio Arcangeli perchè era una spia".
Già, avevano aperto il fuoco pensando che Antonio Leandri fosse l'avvocato Arcangeli. Uno scambio di persona. Nessuno dei quattro aveva mai visto in faccia la vittima. Si erano fidati di una vecchia foto e alla prima persona somigliante avevano aperto il fuoco.
"Campa o non campa?" continua a chiedere il papà di Antonio. Ma nessuno vuole rispondergli.
La madre continua a ripetere: "Perchè?, Perchè?"
La madre continua a ripetere: "Perchè?, Perchè?"
Il perché era presto detto. E lo avevano ripetuto anche gli assassini agli inquirenti: "Ci siamo semplicemente sbagliati".
Fu la cosa più dura da dire ai genitori. Che impazzirono di dolore.
Fu la cosa più dura da dire ai genitori. Che impazzirono di dolore.
