Erano membri di una piccola comunità religiosa cristiana. Ma in Iran quella è una religione considerata impura, e così erano fuggiti da quel Paese, padre, madre e due bambine di 7 e 11 anni. Destinazione Australia.
Ed erano finiti in quel deserto, precisamente nel centro di detenzione per migranti di Woomera. Erano scappati da un inferno ed erano finiti in un altro inferno. Forse peggiore. Un centro per rifugiati gestito da una compagnia privata (affiliata di una multinazionale Usa)
E’ passato un anno e mezzo e ancora attendono di sapere del loro destino. Stanno male, malissimo, soprattutto l’undicenne dal punto di vista psicologico. Si sta lasciando andare: non mangia più, non si pettina più. Non va più in bagno. Si bagna e si sporca di notte e di giorno.
Avrebbe bisogno di un supporto psicologico, ma a Woomera chi ha bisogno di quel tipo di assistenza deve aspettare. Un medico ogni sei mesi. L’ultimo psichiatra ha redatto un rapporto: la famiglia deve essere trasferita subito in un altro centro per avere assistenza quotidiana.
E dopo tante insistenze il Dipartimento per l’immigrazione li ha trasferiti dal deserto dell’Australia alla periferia di Melbourne. Ma dopo due settimane nessuno li ha ancora visitati. Perché in Australia questa gente non ha nessun diritto.
#MdT maggio 2002 – La famiglia sta mangiando in sala mensa. La piccola di 11 anni nella cella. Come sempre non mangia. E’ debole, non abbastanza da non poter arrotolare il lenzuolo. Troppo debole invece per fare un nodo che possa resistere al suo peso.
Ore 21.30. Venuto a conoscenza dell’accaduto un avvocato dell’Asylum Seeker Resource Centre corre a vedere la bambina. Non gli viene concessa la visita. Tanto quelli non sono esseri umani.
Il centro di Woomera è stato chiuso. Dopo continue violazioni dei diritti umani. Violenze, abusi sessuali, minacce fisiche e psicologiche. Ma ci sono altri Woomera, come il centro per rifugiati a Nauru. O l'sola di Manus. Centri che qualcuno invidia all’Australia. Senza sapere.
